NEGLI EPISODI PRECEDENTI
Il Vecchietto delle Barche manda L'Agente Speciale Nyx e le Umane in una lunga missione nello spazio - tempo, lasciando Dugongo e famiglia a fare la guardia ai due Regni... Ma al loro ritorno qualcosa sembra essere andato storto...
Era notte fonda. La luce fredda dei lampioni a neon illuminava le tristi strade deserte grigie d'asfalto. All'ora stabilita - ma difficile da capire per i non interessati, dato che non c'era suono di campane a scandire le lunghe giornate – il tombino si aprì, lasciando che delle fognature si diffondesse l'odoraccio caratteristico.
Il gatto fece capolino e, dopo essersi
accertato che non c'era in giro nessuno, uscì completamente e si
incamminò in una direzione ben precisa. Era ben nutrito, a dispetto
del posto da cui veniva e, contrariamente a quanto si possa pensare,
sembrava contento del nascondiglio che aveva scelto come sua nuova
casa.
Percorse diverse viuzze secondarie fino
a ritrovarsi in una strada più grossa, forse una delle arterie
principali di quella città di recente costruzione. Lì la soglia
della sua attenzione raggiunse i livelli massimi. Una trentina di
anni prima al posto di quella ragnatela di asfalto il gattone avrebbe
visto un palazzo enorme, dai giardini bellissimi e tutto intorno una
serie di casette in legno o in pietra che costituivano i quartieri
popolari di quello che una volta era il regno più florido di quel
Mondo, forse addirittura di tutti gli Universi Conosciuti... Ma
questo non poteva saperlo, perchè allora lui non era ancora nato e
comunque di questo passato nei libri di storia non c'era traccia.
L'atelier si trovava nel cuore della città, eppure di rado qualcuno vi andava a fare compere. Non che i vestiti fossero brutti o ci fosse qualche divieto. Niente affatto. Era più come una legge non scritta: quello era il posto dove ordinavano le divise i militari, ovvero quelli che tenevano le redini del potere e i sudditi volevano avere a che fare con loro il meno possibile. La gattina titolare era tra i pochi animali che ancora giravano liberi. Non perchè fosse spregiudicata o perchè avesse una particolare bellezza o attitudine alla moda. Tutte queste caratteristiche, sia ben chiaro, le aveva, ma non erano il motivo per cui le era stata concessa la libertà. La vera ragione è che aveva fatto dei nomi, che aveva tradito, cioè, la sua stessa specie. Eppure nelle sue vene non scorreva un sangue qualunque: era l'ultima in circolazione tra gli eredi della famiglia di gatti che in passato regnava su quelle terre. Pareva avesse dei fratellini anche, ma di loro non si era sentito più niente: si erano come volatilizzati. E ad ogni modo di questo passato neanche lei sapeva molto, dal momento che nei libri di storia non se ne poteva trovare alcuna traccia.
Quando fu davanti alla porta verniciata di rosa (uno dei pochi tocchi di colore in quell'ambiente plumbeo) il gattone bussò tamburellando quello che poteva suonare come un segnale in codice. Qualche secondo più tardi la gattina aprì cautamente e lui si intrufolò dentro in fretta e furia.
“È tutto pronto per domani?” chiese.
“Ovvio!” fu la risposta.
“Sei sicura che li fermerà?”
“Certo. Dovresti sapere che non c'è tessuto che io non conosca... e poi, indebolendo qualche cucitura qua e là, quelle divise si sgualciranno al primo movimento più brusco” aggiunse la gattina con soddisfazione. “Tu piuttosto hai la certezza che sia questo il momento che stavamo aspettando?”
“Così dice il Vecchio Mozzo. È lui che ha parlato con la spia di quel pianeta strano. Vatti a fidare degli umani!”
“Non sono tutti cattivi... Il Vecchio Mozzo è nostro amico e poi c'è anche quell'epidemiologa, quella che controlla i quartieri-ghetto in cerca di strane malattie di cui noi gatti in teoria saremmo portatori... Quella fa il doppio gioco, te lo dico io che di doppi giochi me ne intendo!”
“Epidemio... che?!” La apostrofò poco convinto il gatto rosso. “Piuttosto che di malattie inesistenti è di te che mi preoccupo. Sai che dopo questa dovrai abbandonare il negozio e la tua bella vita!”
“Non c'è problema. Credo che per amore si possa anche affrontare tutta quella puzza...” a questa affermazione il colore del gattone si fece, se possibile, ancora più rosso... “Amore per la libertà, ben inteso! E poi trovo che le fognature abbiano proprio bisogno di un restyling!”
E con quella frase ad effetto la gattina fece cenno al suo interlocutore che il tempo a loro disposizione era finito e lo congedò. Avrebbe dovuto aspettare fino alla metà della mattina seguente per scoprire l'esito della sua missione. Non ci sarebbe stato molto tempo per capirlo: se il piano avesse funzionato, non appena sbarcati i militari si sarebbero precipitati da lei per farla prigioniera. Ma la rete degli Animali Dissidenti era efficientissima e lei era certa che le informazioni le sarebbero arrivate per tempo. Non l'avrebbe mai ammesso che abbandonare tutti i suoi vestiti le costava, però c'era una speranza a consolarla: di lì a breve la dittatura che ora opprimeva opprimeva la sua specie sarebbe stata rovesciata. E, ancora più importante, dopo quella lunga notte avrebbe avuto l'opportunità per la prima volta da quando era nata di vivere con suo fratello.
L'atelier si trovava nel cuore della città, eppure di rado qualcuno vi andava a fare compere. Non che i vestiti fossero brutti o ci fosse qualche divieto. Niente affatto. Era più come una legge non scritta: quello era il posto dove ordinavano le divise i militari, ovvero quelli che tenevano le redini del potere e i sudditi volevano avere a che fare con loro il meno possibile. La gattina titolare era tra i pochi animali che ancora giravano liberi. Non perchè fosse spregiudicata o perchè avesse una particolare bellezza o attitudine alla moda. Tutte queste caratteristiche, sia ben chiaro, le aveva, ma non erano il motivo per cui le era stata concessa la libertà. La vera ragione è che aveva fatto dei nomi, che aveva tradito, cioè, la sua stessa specie. Eppure nelle sue vene non scorreva un sangue qualunque: era l'ultima in circolazione tra gli eredi della famiglia di gatti che in passato regnava su quelle terre. Pareva avesse dei fratellini anche, ma di loro non si era sentito più niente: si erano come volatilizzati. E ad ogni modo di questo passato neanche lei sapeva molto, dal momento che nei libri di storia non se ne poteva trovare alcuna traccia.
Quando fu davanti alla porta verniciata di rosa (uno dei pochi tocchi di colore in quell'ambiente plumbeo) il gattone bussò tamburellando quello che poteva suonare come un segnale in codice. Qualche secondo più tardi la gattina aprì cautamente e lui si intrufolò dentro in fretta e furia.
“È tutto pronto per domani?” chiese.
“Ovvio!” fu la risposta.
“Sei sicura che li fermerà?”
“Certo. Dovresti sapere che non c'è tessuto che io non conosca... e poi, indebolendo qualche cucitura qua e là, quelle divise si sgualciranno al primo movimento più brusco” aggiunse la gattina con soddisfazione. “Tu piuttosto hai la certezza che sia questo il momento che stavamo aspettando?”
“Così dice il Vecchio Mozzo. È lui che ha parlato con la spia di quel pianeta strano. Vatti a fidare degli umani!”
“Non sono tutti cattivi... Il Vecchio Mozzo è nostro amico e poi c'è anche quell'epidemiologa, quella che controlla i quartieri-ghetto in cerca di strane malattie di cui noi gatti in teoria saremmo portatori... Quella fa il doppio gioco, te lo dico io che di doppi giochi me ne intendo!”
“Epidemio... che?!” La apostrofò poco convinto il gatto rosso. “Piuttosto che di malattie inesistenti è di te che mi preoccupo. Sai che dopo questa dovrai abbandonare il negozio e la tua bella vita!”
“Non c'è problema. Credo che per amore si possa anche affrontare tutta quella puzza...” a questa affermazione il colore del gattone si fece, se possibile, ancora più rosso... “Amore per la libertà, ben inteso! E poi trovo che le fognature abbiano proprio bisogno di un restyling!”
E con quella frase ad effetto la gattina fece cenno al suo interlocutore che il tempo a loro disposizione era finito e lo congedò. Avrebbe dovuto aspettare fino alla metà della mattina seguente per scoprire l'esito della sua missione. Non ci sarebbe stato molto tempo per capirlo: se il piano avesse funzionato, non appena sbarcati i militari si sarebbero precipitati da lei per farla prigioniera. Ma la rete degli Animali Dissidenti era efficientissima e lei era certa che le informazioni le sarebbero arrivate per tempo. Non l'avrebbe mai ammesso che abbandonare tutti i suoi vestiti le costava, però c'era una speranza a consolarla: di lì a breve la dittatura che ora opprimeva opprimeva la sua specie sarebbe stata rovesciata. E, ancora più importante, dopo quella lunga notte avrebbe avuto l'opportunità per la prima volta da quando era nata di vivere con suo fratello.
Ancora una sorpresa, avevamo lasciato i due eredi reali a presidiare il Regno dell'Ongheu....come sono arrivati qui?
RispondiEliminaForse tra non molto si chiarirà tutto.
....per ora è un pò difficile ricordare tutti gli avvenimenti nelle varie dimensioni, vale per me ovviamente!
Il salto c'è ed è voluto, tra non molto si capirà, ma siccome è passato del tempo vale la pena fare un riassuntino, vero?
EliminaNel pomeriggio lo pubblicherò!
Elimina