lunedì 8 giugno 2020

Editoriale Ongaico - La mia esperienza con la Sindrome di Tourette


Mi ricordo ancora il primo giorno in cui ho manifestato dei tic, nonostante sia stato quasi 35 anni fa. Ero appena guarita da una febbre molto alta e ad un certo punto ho avvertito un'esigenza incomprensibile e irrefrenabile buttare fuori aria dalla bocca ad intervalli regolari. Mi ricordo anche che dopo i primi minuti questa sorta di "obbligo interiore" mi era iniziato a pesare parecchio... Eppure non potevo assolutamente esimermi dal portarlo a termine! Ho pensato che tutto sarebbe finito il giorno dopo, e invece...

Beh, già il fatto che sia qui a scrivere questo articolo significa che le cose sono andate diversamente. Ma quella che voglio raccontare oggi non è una storia strappalacrime. Piuttosto mi preme condividere per la prima volta in pubblico la mia esperienza con la Sindrome di Tourette, affinché grazie ad una maggiore consapevolezza si arrivi ad una diversa sensibilità in merito, contribuendo così a migliorare le condizioni di vita di chi è affetto da questa complessa patologia e di chi gli sta vicino.

Come evolve la Sindrome nel tempo? Quanto è impattante nella vita di tutti i giorni? Si può fare qualcosa?
Dipende da caso a caso. Per me è stata una continua crescita fino al termine dell'adolescenza, con delle varianti a seconda del contesto in cui mi trovavo (con estranei generalmente tende ad attenuarsi) e della serenità del periodo specifico (ambiente familiare, rapporti sociali, risultati scolastici). In alcuni soggetti, specie se maschi, i sintomi visibili rientrano prima dei 20 anni. Durante tutta la vita si possono però sviluppare patologie collaterali, dette comorbidità, come il disturbo ossessivo compulsivo o il deficit di attenzione. Generalmente non è impossibile conviverci, nonostante sia alquanto fastidioso, ma è chiaro che la qualità della vita ne risente, soprattutto in ambito domestico e lavorativo. La soluzione che va per la maggiore è la più semplice: quella farmacologica. Tuttavia non è esente da gravi effetti collaterali, che rischiano di compromettere l'equilibrio del soggetto tanto quanto la Tourette stessa. Per quanto mi riguarda sto seguendo, da qualche anno con successo, una terapia senza farmaci, basata sulla mindfulness e su un costante monitoraggio, ma in passato sono a lungo stata in cura da psicoterapeuti e questo percorso non è stato - e non è - per niente facile. Il limite di questo approccio è che non funziona in tutti i casi e che in Italia non è praticamente riconosciuto.

Parliamo delle più significative difficoltà a livello sociale...
Innanzitutto c'è il problema lavoro. Il più delle volte non appena si manifestano i tic ottenerlo è fuori discussione: l'esempio del film La Mia Fedele Compagna è particolarmente calzante. Il non essere liberi di manifestare la Sindrome è l'ostacolo maggiore. Lo stesso vale nel quotidiano: avendo io adottato un approccio non repressivo, la diffidenza e il giudizio sono molto comuni. Il punto però è che "non fare i tic", come ho già detto altrove, è del tutto controproducente... Qual è allora "la soluzione"? Beh, va detto che c'è una notevole differenza tra il reprimere il sintomo e aggirarlo: la tecnica che sto mettendo in atto mi consente di intervenire tra lo stimolo e l'urgenza di soddisfarlo, ma a volte devo darla vinta alla malattia nel singolo gesto per ottenere dei risultati sulle comorbidità. Una sorta di do ut des che cerco costantemente di volgere a mio favore. Ma va detto che un atteggiamento sereno di chi incontriamo è fondamentale, perché così si evitano situazioni di ansia o rabbia che peggiorano, addirittura compromettono, il nostro stato di salute.   È proprio per questo motivo che la sensibilizzazione è così importante!

Quali sono le prospettive per un futuro migliore?
Credo che dovremmo creare una sinergia sia dal basso, ovvero tra noi che soffriamo di Tourette, famiglie incluse, sia a livello trasversale, tra medico e paziente. In America la Tourette Association è all'avanguardia in questo senso e propone un sacco di iniziative di confronto e campagne informative. Questa associazione c'è anche in Italia, ma molto più in piccolo, e per varie ragioni non è ancora riuscita a creare una rete soddisfacente a livello nazionale.
Tanto dipende da noi e dalla vergogna che proviamo per i nostri sintomi, che rende in troppi casi impossibile uscire allo scoperto e parlare della nostra sindrome con dignità. Questa problematica è strettamente connessa alle reazioni degli altri, che non sono sufficientemente informati, il che genera (per restare in tema con il Blog) il classico gatto che si morde la coda! Altrettanto dipende però dalla rigidità dei protocolli medici, che tra l'altro non sono al passo con gli ultimi studi, ma non è questa la sede in cui poter parlare oltre su questo ultimo punto.
Personalmente, vorrei provare a mettere in piedi un gruppo, sia su internet, sia "dal vivo" in cui si instauri uno scambio di esperienze proficuo ai fini di una qualità di vita più soddisfacente. Non con la pretesa, peraltro infondata, di sostituire un parere competente, ma per fornire un "sostegno amico" per chi sta attraversando momenti di sconforto o talvolta di estrema difficoltà, come è successo anche a me in passato. 

2 commenti:

  1. Ti faccio i miei complimenti per il coraggio che hai dimostrato nell'esporti, segno di maturità e consapevolezza.
    L'informazione è, secondo me, uno strumento indispensabile.
    In primo luogo per saper riconoscere e affrontare adeguatamente questa Sindrome complessa.Troppo spesso succede che le persone, le famiglie si trovano sole e impreparate ad affrontare problematiche più grandi di loro, anche i medici a cui si rivolgono spesso non sono preparati a riconoscerle e nascono così interminabili peregrinazioni tra i vari specialisti. Poi, se sei fortunato, trovi quello giusto altrimenti.....
    In secondo luogo, ma altrettanto importante, è la sensibilizzazione della società a partire dalla scuola, preparare fin da piccoli al rispetto delle fragilità.
    Quindi ti faccio un grande "in bocca al gatto" (per rimanere nel tema) per la tua lodevole iniziativa. Spero di cuore che tu possa riuscire nel tuo intento!
    La vicinanza è la miglior cura per l'anima.

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    Risposte
    1. Quello che dici è molto vero!
      Nessuno è preparato, specialmente in questa società dove "con la scienza si ottiene tutto", ad accettare che il corpo può non essere sotto controllo... specie il diretto interessato :-)
      Per quanto riguarda i dottori il miglior consiglio è di non fermarsi ad un solo parere. E talvolta bisogna anche essere determinati e seguire quello che ci dice il buonsenso, anche se non siamo del settore. Il film che ho indicato è molto esaustivo su questo punto.
      Se abbiamo ormai riconosciuto alla medicina un valore di scienza, dobbiamo esigere che operi con il cosiddetto metodo scientifico, che prevede che teorie e protocolli possano essere soggetti al processo di falsificazione, se necessario... e la storia recentissima ha dimostrato in pieno quanto questo cambio di prospettiva sia urgente!

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