lunedì 4 maggio 2020

Editoriale Ongaico - È andato tutto bene?


Questa settimana, più che un vero e proprio editoriale, vorrei raccogliere alcuni pensieri che mi hanno accompagnato durante la quarantena.
Arrivati finalmente alla fantomatica data della ripartenza, viene spontaneo fare un bilancio, che purtroppo non si può chiamare ancora "conclusivo", ma che si tratta semplicemente di una verifica di metà percorso, nel tentativo di comprendere meglio come siamo stati trasformati da questa grande prova.
In primo luogo vorrei esprimere profondo dolore per tutti i morti della pandemia e solidarietà verso le famiglie, ma anche vicinanza a tutti coloro che hanno subito importanti danni collaterali economici e psicologici. A questo proposito non dimentichiamo le situazioni di violenza domestica, esasperate dalla prolungata condivisione degli spazi, per cui è fondamentale che sappiamo come chiedere aiuto (vedi immagine).

Uno degli slogan che ci siamo abituati a sentire è andrà tutto bene. Se ci ha dato forza all'inizio - e ha tenuto impegnati i bimbi di casa a disegnare arcobaleni - con il passare delle settimane si è rivelato quantomeno irrealistico e, a mio avviso,  non so quanto rispettoso delle moltissime situazioni difficili. 
Arrivati fin qui, dobbiamo inevitabilmente imparare a convivere non solo con i contagi, che continueranno ad esserci, ma anche e soprattutto con l'idea che non tutto è come nelle più rosee aspettative. Ben poche cose sono sotto il nostro controllo: sicuramente molte meno di quante vorremmo. L'idea di un genere umano che attraverso scienza e tecnica piega alla sua volontà le forze della natura - con risultati talvolta assai poco auspicabili - sta drammaticamente vacillando: come ci comporteremo di fronte a questo brusco ritorno alla realtà? La fase due dovrebbe insegnarci a non rispondere trincerandoci nei nostri nascondigli, che reputiamo sicuri, ma a reagire, sebbene con più prudenza e cautela, accettando con una buona dose di ritrovata umiltà la situazione in cui ci troviamo.

Forse riteniamo rassicurante la capillare regolamentazione del nostro stile di vita avvenuta in questi due mesi, e certamente questa è stata determinante per il contenimento del virus. Ora però credo sia arrivato il momento di "crescere", esigendo, soprattutto attraverso un comportamento responsabile, di essere trattati come adulti. Al di là di quanto sia legittimo da parte dello Stato stabilire se ci è lecito fare visita ad un parente alla lontana, piuttosto che ad un amico stretto (a questo proposito rimando alle dichiarazioni del noto giurista Cassese), non so quanto sia proficuo creare delle misure più severe del necessario nella convinzione che "tanto poi c'è chi non le rispetterà". Forse non si crea così un pretesto che ci spinge a modellare la legge a nostro uso e consumo?
In una fase in cui siamo chiamati ad imparare dagli errori precedenti, una lezione da mettere in pratica immediatamente è agire con più maturità di quanto gli altri si aspettano da noi. Alcuni obietteranno che tutto ciò è possibile solo in un mondo ideale che ha ben poco a che vedere con la realtà. Eppure abbiamo davanti un'occasione unica per fare sì che questo ambizioso progetto trovi concretezza.

2 commenti:

  1. Il disagio psicologico è stato troppo trascurato a mio avviso colpevolmente. La libertà, così svilita, non è accessoria in una democrazia. Mi auguro che questi signori del dolore si rendano conto

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  2. No, non è andato tutto bene.
    La frase "andrà tutto bene" mutuata dai film d'oltreoceano...stucchevole.
    Neanche la dignità di coniare un motto tutto nostro come incoraggiamento!
    Vabbè....uno tsunami ci ha travolto e ci ha trovato impreparati.
    Molte le mancanze e il conto delle "vittime" (in tutti i sensi) li potremo tirare solo alla fine.
    Altri hanno fatto peggio, magra consolazione!

    Sì, sarebbe auspicabile essere trattati da "adulti", lasciando ad ognuno la libertà di muoversi, contando su comportamenti responsabili, come avviene in qualche paese del Nord Europa.
    Ma è pur vero che la fiducia non va regalata, la si deve guadagnare e ci ricordiamo tutti gli happy hour sui Navigli o le vie affollate in piena epidemia, le stazioni e i supermercati presi d'assalto, tutte occasioni in cui il contagio ha potuto trionfare!

    Ecco forse la paura di ritornare in clausura ci darà una spinta a migliorarci.Io mi auguro vivamente che sapremo cogliere questa occasione per "crescere" davvero.

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