mercoledì 23 gennaio 2019

Ricostruzioni filosofiche - Edith Stein





8 commenti:

  1. È Miranda la protagonista? MOLTO modesta!!

    Invece la frase della Stein presuppone molta, molta umiltà, perché implica riconoscere in sé stessi anche i difetti che vediamo negli "altri". Accettare il fatto che anche noi sbagliamo ci renderebbe più tolleranti...credo.
    Spero di non essermi sbagliato nell'interpretazione....sennò chissà che panegirico mi fa Protagora ;-)

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    1. Anche questa volta devo deludere l'amico Dartagnan, perché condivido pienamente il suo pensiero e non ci sara' pertanto nessun panegirico. Sono ovviamente spiaciuto per questo :-(

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    2. E' molto interessante questo vostro punto di vista perchè io il lato dell'umiltà non l'avevo proprio colto!
      Io la leggevo più come un dato di fatto, cioè nel rispecchiamento vedo una sorta di oggettivazione di qualcosa di noi che dall'interno non riusciamo a cogliere. Tipo come la differenza che passa tra sentire la nostra voce mentre parliamo o sentirla registrata.

      La protagonista sotto è Miranda, è lei la regina degli specchi ;-3

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    3. I gatti sono un po’ come i filosofi: “ne sanno una più del diavolo”. Miranda, nella stanza degli specchi, mostrandoci che la sua immagine ha almeno cinque punti di vista diversi, ha anticipato e ampliato la nostra discussione. Potenza felina!.
      Ma, a pensarci bene, e’ stata Miranda ad influenzare l’artista o e’ stata l’artista ad esprimersi attraverso Miranda? Io ho la mia opinione, voi cosa ne pensate?

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    4. @ dARTAGNAN (in risposta al post del 1 feb su "La teoria dei due soli"):

      c'è un episodio sui neuroni a specchio che mi ha colpito molto.
      Quando studiavo canto l'insegnante un giorno mi ha fatto allenare con un ragazzo dalla voce particolarmente bassa. Io all'epoca invece studiavo in alto (vocalmente parlando) ed ero convinta che le mie note basse fossero particolarmente brutte. Mi ricordo che ci ha messi a fare i vocalizzi uno di fronte all'altro su tutta l'estensione, la mia più quella del ragazzo, con l'indicazione di fermarci quando eravamo al nostro limite. Al termine dell'esercizio non solo entrambi avevamo guadagnato qualche nota (che in una lezione è tantissimo) ma avevamo acquisito anche più sicurezza sui nostri punti deboli, io in basso e il mio collega in alto.

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  2. L’altro giorno, mentre io scrivevo nel post di Schopenhauer “… gli altri sono lo specchio del nostro atteggiamento”, Alice, nel disegno dedicate a Edith Stein, scriveva: “Riesco a vedermi interamente solo rispecchiandomi nell’altro …”. Questa concomitanza di visione della propria identità attraverso uno specchio, avvenuta a distanza, apparentemente senza causa evidente, e’ strana e credo che Jung la definirebbe un tipico caso di “sincronicità”. Questo e’ un tema che mi piacerebbe approfondire ma, non volendo andare fuori tema, lo lascio al momento “in pasto” al blog, qualora qualcuno volesse svilupparlo.

    Tornando sul “seminato” non possiamo ignorare la parabola della vita di Edith Stein: ebrea, filosofa, convertita al cristianesimo, carmelitana e martire. La Stein e’ stata testimone e vittima del suo tempo. I nati intorno all’ultimo decennio del XIX secolo hanno vissuto le stragi della grande guerra in gioventù, l’avvento delle dittature nella maturità, la tragedia e gli stermini di massa della seconda guerra mondiale in età adulta ed infine, infine, gli sfortunati che sono vissuti fino alla vecchiaia avanzata, hanno anche dovuto vedere il risorgere di sentimenti di intolleranza ed odio razziale, poi dilagati nei nostri giorni.
    Con la sua vita Edith Stein ha superato e vinto le malvagità dei sui tempi, ponendo le basi per la sua santità che le verrà riconosciuta nel 1998. Quanto detto finora non deve far dimenticare il contributo di pensiero ed opere fornito da Edith Stein alla filosofia, in molti ritengono che senza le disgrazie della guerra, sarebbe stata la principale filosofa del XX secolo.

    Noi non possiamo certo dire di vivere in un mondo che ha tratto lezione dalle tragedie del passato. Conosciamo bene le difficoltà economiche, la carenza di valori e gli egoismi dei nostri giorni. Ciononostante non possiamo comparare le nostre difficoltà con quelle descritte in precedenza. Chi ha sofferto, ed in alcuni casi superato e vinto, le disgrazie dei sui tempi, lo ha fatto anche pensando ad un futuro migliore per le generazioni future. Credo che noi abbiamo il dovere morale di onorare i loro sacrifici. Qui nasce il mio spunto di riflessione per questa settimana: “che risposta positiva possiamo dare con la nostra vita per superare le miserie dei nostri tempi?”
    Una breve chiarificazione. Non mi aspetto e non credo che potremo o dovremo diventare tutti santi, ma tra le diverse “piccoli azioni di superamento” quali riteniamo perseguibili e più importanti?

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  3. Una risposta veloce prima di approfondire...
    la sincronicità l'ho notata anche io. E' molto interessate come tema da approfondire nel blog, ma temo non prima di marzo (perchè febbraio lo sto già decidendo in questi giorni).

    Tenevo molto a trattare la Stein perchè è una figura in cui mi ritrovo. Nell'anno in cui è stata canonizzata io avevo appena visto il film su di lei "La settima stanza" e da lì mi sono portata dietro la sua figura che accompagna la mia riflessione ancora adesso.

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  4. Devo confessare la mia difficoltà non tanto a rispondere al tema proposto, quanto a mettere in pratica quello che ritengo debba essere fatto.
    Buon senso vorrebbe: ottimismo, apertura verso gli altri e tentativi di correzione di posizioni errate. L’ottimismo e’ l’attitudine più naturale, siamo liberi di agire, di esprimerci, nulla ci e’ precluso. L’apertura verso gli altri e’ il mezzo per aggiustare le nostre posizioni ed assumere la forza superiore del gruppo. Confrontarsi per tentare di correggere posizioni o idee ritenute errate, riduce la distanza tra diverse visioni ed evita scontri frontali.
    E’ tutto così naturale e logico da non capire quali possano essere le difficoltà a metterlo in pratica. A ben vedere però: il confronto con posizioni diverse il più delle volte lascia ognuno sulle proprie posizioni, nel migliore dei casi si arriva ad una sterile posizione di stallo, nel peggiore acuisce lo scontro. Cercare di fare squadra con chi condivide la nostra visione, sovente si trasforma nella “fiera della vanità”, dando origine a invidia e misere lotte di potere. Difficile infine essere ottimisti laddove una società ci impone l’assunzione di un ruolo, ci fa vedere il bene ed il male attraverso le lenti del mondo a cui apparteniamo e la libertà e’ molto condizionata dall'economia e dalle aspettative della società.
    Sembrerebbe non esserci una risposta positiva al quesito posto. Riflettendo però sui tre punti precedenti possiamo individuare un unico fattore negativo comune: il pessimismo. Ma il pessimismo e l’ottimismo sono atteggiamenti che abitano dentro di noi, e, con la nostra forza interiore, possiamo far si che il secondo abbia il sopravvento sul primo. Questo passaggio e’ tutto e solo nostro e se l’ottimismo prende il controllo le difficoltà espresse in precedenza si trasformano in sfide stimolanti e battaglie che e’ persino bello combattere
    «Proty, (così mi chiamo in confidenza nel mio intimo) ma allora sai rispondere o no al tema che hai proposto?».
    Dovendo essere sincero devo dire che spesso vesto i panni dell’ottimismo e gioco la partita come andrebbe giocata. A volte però vince ancora il pessimismo ed ecco spiegate le mie difficoltà a rispondere al tema proposto. In estrema sintesi, vale anche per me la sindrome di Dugongo:
    «tra il detto e il fatto, c’e’ di mezzo il gatto!»

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