Devo confessare che faccio fatica a confrontarmi con la filosofia occidentale cosiddetta moderna, per intenderci quella che va dal XV al XVIII secolo. Chiariamo subito che non sono certo mancate idee, pensieri raffinati o analisi significative, tutt'altro. Ma non riesco proprio ad entrare in sintonia con quell'aria “piatta”, incapace di dare spessore alle loro elaborazioni, un po’ come un pane senza lievito. Si potrà osservare che la mia e’ una visione limitata, ci sono state rivoluzioni, guerre, l’istituzione di nuovi concetti nel sociale e nel diritto, fieri scontri tra filosofi e studiosi ma, nonostante tutto ciò, non riesco a percepirli se non come tempeste nel classico bicchier d’acqua, conflitti di un piccolo mondo. L’assenza di una terza dimensione, di slancio, di genio sono per me i limiti maggiori di questo periodo. Questa premessa e’ necessaria per capire perché, tra i molti spunti di approfondimento offerti da Hobbes, abbia scelto “il meccanicismo”. Questo ci permetterà di confrontarci sulla mia premessa, di tornare sui concetti di causalità appena trattato e di affrontare quello di natura che ormai da diverse puntate “spinge” per entrare nella nostra discussione.
Mi inserisco forse frettolosamente nella discussione per ringraziare come sempre Protagora degli spunti che ogni settimana ci fornisce. Non sono intervenuta come avrei voluto su Hume (che pure apprezzo più di Hobbes) e allora accenno qualcosa qui per tutti e due... La questione del meccanicismo, ovvero il vedere la realtà come prodotto di una serie di cause meccaniche che non sono governate da un'intelligenza sopra - naturale, dal mio punto di vista è molto curioso. I moderni sostenitori di questa teoria solitamente prendono le distanze da ogni forma di religiosità, in quanto secondo loro sarebbe irrazionale. Così facendo "scaricano" la "patata bollente" del divenire sulla realtà stessa che da sola avrebbe il potere di provocare tutti gli accadimenti... Ma a vederla in questo modo non erano forse anche i pagani, che investivano le forze della natura, identificate con gli dei, del potere di creare e governare il mondo? Ed è proprio qui che, personalmente, vedo un paradosso, perchè nel cercare di affrancarsi da un Dio che limiterebbe la "libertà" dell'uomo, questi sono scivolati verso una religiosità ancora più "primitiva" e che essi stessi definiscono una forma di superstizione.
Una breve nota sul confronto Hume vs Hobbes, per il resto seguirà un post più completo. Mentre Hobbes si lasciò soffocare dall'aria, o meglio dalla “cappa”, che si respirava al suo tempo ed in essa profuse tutte le sue energie, senza mai un respiro di “aria fresca”, Hume ebbe un’intuizione geniale in totale contrapposizione sia col pensiero dotto che col pensiero comune del suo tempo. Hume ebbe la forza di mettere in discussione il principio di causalità che, non solo era alla base del pensiero sia delle classi colte che della gente comune, ma era anche la base della fisica di allora, una branca del sapere fondata sul “metodo scientifico”. Ci vollero circa due secoli perché l’intuizione di Hume fosse confermata dalla scienza, onore pertanto a chi, con largo anticipo, contro tutto e contro tutti, ebbe la forza di affermare e sostenere il suo pensiero con forza.
IL MECCANICISMO La legge del moto di un punto che si muove lungo la retta “x” con velocità “v” costante e’ espressa dalla formula [x=v.t] ed essendo una retta, in intervalli di tempo uguali il punto percorre intervalli di spazio uguali. Conoscendo allora il valore di “v”, direttamente o con semplici misure, potremmo dire con estrema precisione dove si trovava un punto nel passato, dove si trova ora e dove troverà nel futuro e se questa legge rispecchiasse il comportamento dell’intero universo, conosceremmo con una sola formula, “tutto di tutto” del passato, del presente e del futuro. Ora, se anche l’universo non seguisse esattamente questa legge, ma anche fosse la composizione di questa ed altre leggi simili, “calcolo più o calcolo meno”, “complessità più o complessità meno”, potremmo sempre arrivare a determinare un’unica legge semplice, o magari un po’ complessa, ma comunque in grado di dirci “tutto di tutto” del passato del presente e del futuro.
La retta e’ la rappresentazione più calzante del meccanicismo. L’idea consiste quindi nell'osservare, analizzare, studiare e spiegare l’oggi per arrivare a determinare una formula in grado di descrivere il passato e prevedere il futuro, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. L’approccio e’ perlomeno logico ed interessante. Perché il presente non dovrebbe essere figlio del passato? E da cosa il futuro potrebbe derivare se non dal presente? E se l’infinitamente grande e’ costituito dall’insieme di tante parti infinitamente piccole, perché i due dovrebbero comportarsi diversamente? Insomma, con i piedi e la testa ben fissati nel presente, con un metodo basato sull’osservazione e la misura, con una chiara direzione ben tracciata, non possiamo “perderci” ed arrivare alla formula e’ solo questione di tempo. Sembra che tutte le variabili siano sotto controllo, il tempo e’ stato considerato dal passato al futuro, lo spazio va dal più piccolo al più grande, … ma poi arriva quello che non ti aspetti, e scopri che lo spazio umano ha almeno altre due dimensioni, c’e’ anche un sopra e un sotto: cioè la religione e la natura. Come rientreranno in questo modello? Se siamo credenti, possiamo veramente pensare al nostro creatore come un ente così semplice ed elementare, direi “banale”, da essere racchiuso e spiegato in una formula? Il lavoro di un artigiano può essere spiegato e replicato con una formula, così come l’elaborato di uno studioso, ma non la “luce” che si sprigiona da un creatore, per quella non c’e’ formula che tenga. Se non siamo credenti non possiamo pensare alla creazione se non come un’espressione della natura. Ma possiamo veramente pensare di esprimere l’energia di un piccolo fiore di prato con una formula? Ma se non riusciamo neanche a spiegarne l’energia, pensiamo forse di essere in grado di esprimerne la forza vitale, la capacita di riprodursi? E se siamo sconfitti da un piccolo fiore come ci poniamo di fronte alla vastità e diversità dell’universo? Il meccanicismo, come la retta, non ha genio, non ha slancio, non ha fantasia, così nell’ottica meccanicista il futuro non potrà che essere come il passato, tutto e’ predeterminato, non ci sono novità da attendersi, la causalità ha regnato sul passato e regnerà il divenire.
A conclusione di queste considerazioni rimpiango che fisici, matematici, filosofi e psicologi non si siano “spogliati” dei propri abiti ed usciti dai loro compartimenti non si siano messi tutti insieme a studiare e cercar di spiegare un piccolo fiore di prato. L’avessero fatto sarebbe stato per tutti noi un gran bagno di umiltà che ci avrebbe evitato errori ed orrori del passato.
Devo confessare che faccio fatica a confrontarmi con la filosofia occidentale cosiddetta moderna, per intenderci quella che va dal XV al XVIII secolo. Chiariamo subito che non sono certo mancate idee, pensieri raffinati o analisi significative, tutt'altro. Ma non riesco proprio ad entrare in sintonia con quell'aria “piatta”, incapace di dare spessore alle loro elaborazioni, un po’ come un pane senza lievito. Si potrà osservare che la mia e’ una visione limitata, ci sono state rivoluzioni, guerre, l’istituzione di nuovi concetti nel sociale e nel diritto, fieri scontri tra filosofi e studiosi ma, nonostante tutto ciò, non riesco a percepirli se non come tempeste nel classico bicchier d’acqua, conflitti di un piccolo mondo. L’assenza di una terza dimensione, di slancio, di genio sono per me i limiti maggiori di questo periodo.
RispondiEliminaQuesta premessa e’ necessaria per capire perché, tra i molti spunti di approfondimento offerti da Hobbes, abbia scelto “il meccanicismo”. Questo ci permetterà di confrontarci sulla mia premessa, di tornare sui concetti di causalità appena trattato e di affrontare quello di natura che ormai da diverse puntate “spinge” per entrare nella nostra discussione.
Mi inserisco forse frettolosamente nella discussione per ringraziare come sempre Protagora degli spunti che ogni settimana ci fornisce.
RispondiEliminaNon sono intervenuta come avrei voluto su Hume (che pure apprezzo più di Hobbes) e allora accenno qualcosa qui per tutti e due...
La questione del meccanicismo, ovvero il vedere la realtà come prodotto di una serie di cause meccaniche che non sono governate da un'intelligenza sopra - naturale, dal mio punto di vista è molto curioso.
I moderni sostenitori di questa teoria solitamente prendono le distanze da ogni forma di religiosità, in quanto secondo loro sarebbe irrazionale. Così facendo "scaricano" la "patata bollente" del divenire sulla realtà stessa che da sola avrebbe il potere di provocare tutti gli accadimenti...
Ma a vederla in questo modo non erano forse anche i pagani, che investivano le forze della natura, identificate con gli dei, del potere di creare e governare il mondo?
Ed è proprio qui che, personalmente, vedo un paradosso, perchè nel cercare di affrancarsi da un Dio che limiterebbe la "libertà" dell'uomo, questi sono scivolati verso una religiosità ancora più "primitiva" e che essi stessi definiscono una forma di superstizione.
Una breve nota sul confronto Hume vs Hobbes, per il resto seguirà un post più completo.
EliminaMentre Hobbes si lasciò soffocare dall'aria, o meglio dalla “cappa”, che si respirava al suo tempo ed in essa profuse tutte le sue energie, senza mai un respiro di “aria fresca”, Hume ebbe un’intuizione geniale in totale contrapposizione sia col pensiero dotto che col pensiero comune del suo tempo. Hume ebbe la forza di mettere in discussione il principio di causalità che, non solo era alla base del pensiero sia delle classi colte che della gente comune, ma era anche la base della fisica di allora, una branca del sapere fondata sul “metodo scientifico”.
Ci vollero circa due secoli perché l’intuizione di Hume fosse confermata dalla scienza, onore pertanto a chi, con largo anticipo, contro tutto e contro tutti, ebbe la forza di affermare e sostenere il suo pensiero con forza.
IL MECCANICISMO
RispondiEliminaLa legge del moto di un punto che si muove lungo la retta “x” con velocità “v” costante e’ espressa dalla formula [x=v.t] ed essendo una retta, in intervalli di tempo uguali il punto percorre intervalli di spazio uguali. Conoscendo allora il valore di “v”, direttamente o con semplici misure, potremmo dire con estrema precisione dove si trovava un punto nel passato, dove si trova ora e dove troverà nel futuro e se questa legge rispecchiasse il comportamento dell’intero universo, conosceremmo con una sola formula, “tutto di tutto” del passato, del presente e del futuro.
Ora, se anche l’universo non seguisse esattamente questa legge, ma anche fosse la composizione di questa ed altre leggi simili, “calcolo più o calcolo meno”, “complessità più o complessità meno”, potremmo sempre arrivare a determinare un’unica legge semplice, o magari un po’ complessa, ma comunque in grado di dirci “tutto di tutto” del passato del presente e del futuro.
La retta e’ la rappresentazione più calzante del meccanicismo. L’idea consiste quindi nell'osservare, analizzare, studiare e spiegare l’oggi per arrivare a determinare una formula in grado di descrivere il passato e prevedere il futuro, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. L’approccio e’ perlomeno logico ed interessante. Perché il presente non dovrebbe essere figlio del passato? E da cosa il futuro potrebbe derivare se non dal presente? E se l’infinitamente grande e’ costituito dall’insieme di tante parti infinitamente piccole, perché i due dovrebbero comportarsi diversamente? Insomma, con i piedi e la testa ben fissati nel presente, con un metodo basato sull’osservazione e la misura, con una chiara direzione ben tracciata, non possiamo “perderci” ed arrivare alla formula e’ solo questione di tempo.
Sembra che tutte le variabili siano sotto controllo, il tempo e’ stato considerato dal passato al futuro, lo spazio va dal più piccolo al più grande, … ma poi arriva quello che non ti aspetti, e scopri che lo spazio umano ha almeno altre due dimensioni, c’e’ anche un sopra e un sotto: cioè la religione e la natura. Come rientreranno in questo modello?
Se siamo credenti, possiamo veramente pensare al nostro creatore come un ente così semplice ed elementare, direi “banale”, da essere racchiuso e spiegato in una formula? Il lavoro di un artigiano può essere spiegato e replicato con una formula, così come l’elaborato di uno studioso, ma non la “luce” che si sprigiona da un creatore, per quella non c’e’ formula che tenga. Se non siamo credenti non possiamo pensare alla creazione se non come un’espressione della natura. Ma possiamo veramente pensare di esprimere l’energia di un piccolo fiore di prato con una formula? Ma se non riusciamo neanche a spiegarne l’energia, pensiamo forse di essere in grado di esprimerne la forza vitale, la capacita di riprodursi? E se siamo sconfitti da un piccolo fiore come ci poniamo di fronte alla vastità e diversità dell’universo?
Il meccanicismo, come la retta, non ha genio, non ha slancio, non ha fantasia, così nell’ottica meccanicista il futuro non potrà che essere come il passato, tutto e’ predeterminato, non ci sono novità da attendersi, la causalità ha regnato sul passato e regnerà il divenire.
A conclusione di queste considerazioni rimpiango che fisici, matematici, filosofi e psicologi non si siano “spogliati” dei propri abiti ed usciti dai loro compartimenti non si siano messi tutti insieme a studiare e cercar di spiegare un piccolo fiore di prato. L’avessero fatto sarebbe stato per tutti noi un gran bagno di umiltà che ci avrebbe evitato errori ed orrori del passato.